Le Sciatalgie e Cruralgie di Ippocrate

Ernie del disco e conseguenti Sciatalgie e Cruralgie studiate sin dai tempi di Ippocrate


CENNI DI ANATOMIA
Il rachide(la colonna vertebrale) lombare è composto (normalmente) da cinque vertebre. Le vertebre lombari sono costituite da un corpo vertebrale (anteriore), due peduncoli, l’arco posteriore (un processo spinoso e due lamine), due processi traversi e due paia di processi articolari o “zigoapofisi” (superiori ed inferiori)
Il disco intervertebrale è posto fra due corpi intervertebrali contigui. L’articolazione fra due vertebre è formata dal disco e dalle zigoapofisi. Il disco supporta il carico, ripartendo la pressione sui piatti vertebrali, mentre le zigoapofisi hanno la funzione di guidare il movimento del segmento rachideo su piani determinati dalla loro inclinazione.      
        
Il disco intervertebrale è costituito da un nucleo polposo di consistenza molle-gelatinosa circondato, racchiuso, da un tessuto lamellare di consistenza fibrosa, l’anulus fibroso. Il nucleo polposo si trova in posizione lievemente eccentrica (verso il canale vertebrale) e si muove, di pochi millimetri,  in senso antero-posteriore durante i movimenti di flesso-estensione del rachide.
Il legamento longitudinale posteriore costituisce il margine anteriore del canale vertebrale e separa i dischi intervertebrali dalle strutture nervose. 
Il midollo spinale (sistema nervoso centrale) termina normalmente a livello di L1-L2, dando luogo a centinaia di piccole terminazioni nervose (radicole) che si organizzano in fasci (radici) prima di uscire ai vari livelli del rachide lombare e del sacro.
Ad ogni livello lombare escono quindi due radici (destra e sinistra) che prendono il nome dalla vertebra più prossimale (craniale) del livello. Ad esempio a livello del forame L4-L5 uscirà la radice nervosa L4.
Il canale osseo attraverso cui le radici nervose attraversano  per uscire dal canale vertebrale prende il nome di “forame”. All’interno del forame le radici sono difficilmente mobilizzabili a causa dello spazio ristretto.
Una volta uscite dai forami le radici nervose si anastomizzano(uniscono) dando luogo a plessi nervosi. Dai plessi nascono finalmente i nervi periferici. I nervi coinvolti dalle ernie del disco lombari sono due: il nervo femorale che prende origine dalle prime tre radici lombari e il nervo ischiatico (sciatico) che prende origine dalle ultime due radici lombari e dalla prima sacrale.
Le strutture rachidee(della colonna) sono esse stesse innervate (tranne il nucleo polposo). La struttura più innervata sembra essere il legamento longitudinale posteriore.

L’ERNIA DEL DISCO
Per ernia del disco s’intende la migrazione del nucleo polposo attraverso le fibre dell’anulus e la sua eventuale migrazione al di fuori di esse. La migrazione del nucleo polposo comporta sia una compressione meccanica delle strutture nervose sia una reazione infiammatoria con liberazione di vari fattori biochimici (prostraglandine,  leucotrieni,etc.).

CLASSIFICAZIONE 
Le ernie del disco lombari vengono distinte in base al livello del  disco il cui nucleo è erniato(ad es. L4-L5), alla posizione dell’ernia all’interno del canale vertebrale(mediana = centrale, paramediana = lievemente spostata verso un lato etc.), alla fuoriuscita dai limiti dell’anulus (espulsa) o meno (contenuta), alla rottura del legamento longitudinale posteriore e in base alla migrazione in senso caudale (il basso) o craniale (l'alto).
Le ernie del disco L4-L5 ed L5-S1 sono di gran lunga le ernie più comuni.
Viene definita mediana un’ernia sita centralmente all’interno del canale vertebrale, paramediana un’ernia che risulta all’interno del canale vertebrale ma spostata più lateralmente fino all’origine del forame intervertebrale, intraforaminale un’ernia che occupa il forame intervertebrale e extraforaminale un’ernia al di fuori del forame intervertebrale.
L’ernia contenuta è la forma più tipica con una migrazione del nucleo polposo arrestata dalle lamelle anulari più esterne che non vengono perforate.
L’ernia discale viene definita espulsa quando il nucleo polposo interrompe completamente l’anulus e lo oltrepassa. Se l’ernia non oltrepassa il legamento longitudinale posteriore si parla di ernia sottolegamentosa. Se lacera il legamento longitudinale ma rimane in gran parte sotto il legamento longitudinale posteriore si parla di ernia translegamentosa (infralegamentosa). Se oltrepassa completamente il legamento, penetrando completamente nel canale vertebrale, si parla di ernia retrolegamentosa.
La migrazione di un’ernia del disco lombare è un evento frequente. Il frammento di disco espulso può migrare in diverse direzioni. Più frequentemente la migrazione avviene in senso caudale (il basso) . La migrazioni in senso prossimale (ernia espulsa risalita) può essere responsabile di severe sindromi neurologiche. La migrazione può avvenire anche attorno al sacco durale portando l’ernia a contatto con il legamento giallo (ernia retrodurale o migrata posteriormente). La migrazione attraverso il sacco durale all'interno del quale giaciono le strutture nervose (ernia intradurale) è rarissima.
La posizione assunta dall’ernia all’interno dello speco vertebrale ha un grande significato clinico perché determina sia il quadro di presentazione della patologia, sia l’eventuale approccio chirurgico. Un’ernia laterale (intraforaminale o extraforaminale) comprime la radice emergente dal livello del disco erniato. Un’ernia centrale (mediana) può comprimere radici che emergeranno da livelli sottostanti il disco erniato(vedi figura sotto). Inoltre le ernie del disco laterali (intra-extraforaminali) spesso necessitano di un approccio chirurgico molto più laterale attraverso lo spazio tra i processi trasversi.
Un'ernia paramediana destra L4-L5 (pallino blu) comprimerà la radice di L5 (freccia blu) . Un'ernia intra o extraforaminale L4-L5 (pallino giallo) comprimerà invece la radice di L4(freccia gialla).

I SEGNI E SINTOMI DELL’ERNIA DEL DISCO
La presentazione clinica dell’ernia discale varia grandemente a seconda del tipo di ernia. Spesso la sintomatologia è eclatante con quadri clinici classici che permettono non solo la diagnosi clinica di ernia discale ma anche la sua esatta localizzazione. Non di rado la clinica è più subdola e forviante e spesso, in questi casi, l’ernia del disco è solo una componente di una patologia più complessa.
Molto raramente un ernia del disco lombare rappresenta un’urgenza clinica tale da dover ricorrere velocemente all’intervento di erniectomia.
Talvolta viene riferito un momento preciso in cui i sintomi sono iniziati, ma non è una regola assoluta. Non sempre inoltre viene riferito un particolare movimento causativo quale uno sforzo in flessione del rachide o semplicemente un movimento repentino dello stesso dalla posizione di riposo. 
DOLORE
Classicamente il paziente affetto da ernia discale lombare lamenta una lomboischialgia (lombosciatalgia) (L4-L5, L5-S1) o una lombocruralgia (L2-L3, L3-L4) monolaterale.  Sebbene sia possibile un coinvolgimento bilaterale (ad es. ernie discali mediane voluminose) questa evenienza è piuttosto rara.
Alcuni pazienti lamentano solo dolore cruralgico o ischialgico e non riferiscono una componente lombalgica se non come una sensazione di indolenzimento o contrattura.
Per ischialgia, o sciatalgia, si intende un dolore irradiato all’arto inferiore lungo il decorso sensitivo del nervo sciatico composto dalle radici  L4 (in parte), L5 e S1.
Per cruralgia s’intende un dolore irradiato alla coscia anteriore o anteromediale fino al ginocchio (L2, L3, parte di L4).
          
Distribuzione dermatomerica degli arti inferiori: un dermatomero è una zona cutanea innervata da una singola radice nervosa.
Il dolore ischialgico o sciatico è riferito nelle zone (dermatomeri) innervate dalle radici L4(parte), L5 e S1 compresse dall'ernia. Un'ernia paramediana destra L4-L5 comprimerà la radice di L5 e provocherà dolore e, eventualmente,  alterata sensibilità cutanea nella zona irradiata da L5.
Il dolore cruralgico è riferito alle radici L2, L3 e L4.
Il dolore ischialgico o cruralgico può essere riferito come un’irradiazione  continua a partenza dal rachide lombare lungo il dermatomero della radice interessata o come dolore insulare e cioè localizzato in un’area circoscritta senza continuità spaziale con il rachide lombare.
Talvolta viene riferita la sola lombalgia. Questo è il caso di ernie discali contenute o sottolegamentose mediane o paramediane in cui non vi è un coinvolgimento delle strutture radicolari. Il dolore sarebbe quindi di origine puramente legamentosa (dissecazione e scollamento del legamento longitudinale posteriore) o anulare(rottura dell’anulus).
La lombalgia rappresenta talvolta l’esordio clinico della patologia a cui segue la radicolalgia.
La lombalgia viene riferita più spesso ai livelli più bassi del rachide lombare anche quando il nucleo erniato appartiene a livelli lombari più prossimali. 
Il dolore è generalmente accentuato dai movimenti del rachide (flessione soprattutto), dai colpi di tosse, dallo starnutire, dal ponzare e dalla manovra di Valsalva.
Un’altra presentazione possibile è la cosiddetta “sciatica paralizzante” in cui il segno prevalente è la difficoltà a deambulare a causa dell’invalidante deficit muscolare.
Infine la sintomatologia può esordire con una “sindrome della cauda equina” e cioè un coinvolgimento multiradicolare associato a gravi compromissioni neurologiche sfinteriche (incapacità a trattanere urine e feci) e la classica anestesia a sella.
 ATTEGGIAMENTI ANTALGICI
Una postura antalgica(al fine di evitare il dolore) è spesso riscontrabile, soprattutto nella fase acuta della patologia. Talvolta il paziente è obbligato a letto con anche e ginocchia flesse allo scopo di detendere le strutture nervose.
Il rachide lombare può perdere la fisiologica lordosi e può essere presente una impossibilità alla deambulazione eretta. La classica scoliosi da contrattura della muscolatura paravertebrale lombare ha lo scopo di decomprimere le strutture nervose a contatto con l’ernia. La convessità della curva dipende dalla posizione, mediale o laterale, dell’ernia rispetto alla radice nervosa compressa.
 DEFICIT NEUROLOGICI MOTORI E SENSITIVI
L’ernia del disco può comprimere a tal punto le strutture nervose da provocare un deficit della sensibilità cutanea o un deficit muscolare. Il deficit muscolare può variare da una semplice ipostenia (mancanza di forza) di un singolo muscolo dell’arto inferiore ad una paralisi completa di più muscoli (Tabella 1).
 CLASSIFICAZIONE DEL DEFICIT MUSCOLARE
Grado
Descrizione
0
Paralisi completa (Plegia)
1
Contrazione visibile o palpabile 
2
Contrazione efficace solo in assenza di gravità
3
Contrazione efficace anche contro gravità
4
Contrazione efficace contro minima resistenza
5
Contrazione efficace contro resistenza
Tabella 1. Quantificazione clinica del deficit muscolare.
Spesso al deficit muscolare si associa un deficit neurologico sensitivo a livello del dermatomero della radice interessata dall’ernia.
Come è noto esiste una corrispondenza anatomica e funzionale tra determinate radici nervose, singoli muscoli, zone di alterata sensibilità cutanea e dolore irradiato. Le regole che caratterizzano la distribuzione nervosa metamerica e dermatomerica all’arto inferiore sono complesse a causa di una fitta rete anastomotica(di interconnessione) che le strutture nervose subiscono prima di dar luogo alle terminazioni periferiche. E’ possibile una certa variabilità interpersonale.
Di fatto ogni muscolo dell’arto inferiore è innervato da più di una radice lombare sebbene sia sempre riconoscibile una radice prevalente. Questo fenomeno influenza maggiormente i muscoli più piccoli in cui una compressione della radice prevalente comporta una paralisi completa del muscolo. E’ quindi possibile risalire con grande probabilità alla radice nervosa compressa analizzando la forza dei singoli muscoli dell’arto inferiore(Tabella 2). 
 Tabella 2
DISTRIBUZIONE RADICOLARE DEI MUSCOLI DELL’ARTO INFERIORE

Radice prevalente
(radice secondaria)
Muscolo
Movimento
L2(L1)
psoas
flessione dell’anca
L3(L2-L4)
adduttori
adduzione
L4(L2-L3)
quadricipite
estensione del ginocchio
L5(L4)
tibiale anteriore
dorsiflessione della caviglia
L5
estensore proprio dell’alluce
estensione del I dito(alluce)
L5
Peronei
eversione del piede
S1(S2)
gastrocnemio
flessione plantare della caviglia
La sensibilità cutanea dell’arto inferiore, come è stato detto, viene anch’essa alterata dalla compressione delle strutture nervose. Varie distribuzioni dermatomeriche sono state descritte negli anni.  L’alterazione della sensibilità cutanea può comportare aree di anestesia(nessuna sensazione al tatto), di ipoestesia(poca sensazione al tatto), di parestesia(formicolio) o di disestesia (sensazione irradiata di dolore urente-pungiforme alla palpazione delle zone cutanee di alterata sensibilità). (vedi figura sopra)

ESAME OBIETTIVO
ISPEZIONE
Spesso un paziente affetto da ernia discale acuta è riconoscibile a prima vista. I vari atteggiamenti antalgici sono già stati descritti in precedenza.
L’atteggiamento più eclatante è la flessione di anca e ginocchio dal lato della compressione radicolare. Si chiede al paziente di compiere dei movimenti del rachide: flessione in avanti, estensione e inclinazione laterale. I pazienti possono presentare vari gradi di ipomobilità e comparsa o meno di dolore radicolare ai movimenti del rachide lombare nonché di una scoliosi di origine muscolare.
L’ispezione si conclude con la valutazione del trofismo muscolare(massa muscolare) ai vari livelli dell’arto inferiore. Una riduzione del trofismo (massa muscolare), in presenza di compressioni importanti, è in genere riconoscibile clinicamente dopo almeno due settimane dall’esordio della sintomatologia.
PALPAZIONE
La palpazione del rachide lombare, a paziente prono, permette di apprezzare i vari gradi di contrattura della muscolatura paravertebrale nonché la prevalenza di lato della stessa.
La palpazione profonda di alcuni punti del gluteo e dell’arto inferiore(punti di Valleix), lungo il decorso del nervo sciatico, produce o accentua il dolore irradiato in caso di irritazione delle radici L5 e S1.
Dobbiamo ricordare però che una palpazione delle dell’arto inferiore, al di fuori dei punti di Valleix, non dovrebbe risvegliare dolore. Questo passo dell’esame obiettivo acquista particolare importanza nei pazienti con sola componente radicolare del dolore  di tipo insulare. Questi pazienti, infatti, lamentano un dolore localizzato ad un’area circoscritta dell’arto inferiore senza una chiara continuità con il rachide lombare. Un esempio è la diagnosi differenziale tra radicolalgia di  L4 o L5 e una borsite o sindrome trocanterica. Esistono rare eccezioni in cui la palpazione di aree di dolore irradiato comporta comunque un sensazione di dolore. Ciò è probabilmente dovuto a una reazione cutanea disestesica.
Molto raramente una palpazione profonda della muscolatura laterale risveglia il dolore di origine radicolare irradiato all’arto inferiore.
 TEST CLINICI PROVOCATIVI
Sono stati descritti innumerevoli test clinici provocativi (che risvegliano il dolore del paziente) al fine di evidenziare clinicamente una compressione radicolare. Spesso si tratta di speculazioni cliniche sullo stesso concetto di base. Descriveremo qui di seguito i più noti.
RADICI L5-S1
Manovra di Lasègue
Comporta due momenti fondamentali ed è nata con lo scopo di differenziare un dolore di origine ischialgica (ad es. da ernia del disco L5-S1 che comprime la radice L5) da un dolore che origina dall’anca dello stesso lato. Il paziente giace in posizione supina. L’operatore solleva l’arto inferiore a ginocchio esteso. Questo risveglia  o accentua il dolore radicolare (sciatalgia) del paziente. Quindi l’operatore ripete la manovra a ginocchio flesso accentuando la flessione dell’anca. In questo caso il paziente con dolore radicolare avrà una riduzione del dolore mentre il paziente coxalgico lamenterà un aumento del dolore a causa dell’aumento della flessione dell’anca.
Straight Ler Raising Test (SLR)
Viene così definita la prima parte della manovra di Lasègue dalla letteratura anglosassone. In questo test provocativo viene applicato uno stiramento ulteriore alle radici nervose mediante una dorsiflessione del piede dell’arto sollevato. La positività dei test provocativi viene valutata in base alla risposta dolorifica e al grado di flessione dell’arto inferiore a cui questa scaturisce. Un altro segno importante è il sollevamento del bacino omolaterale durante il sollevamento dell’arto inferiore quale segno antalgico di difesa.
Può accadere che un paziente affetto da lombalgia acuta riferisca un aumento del dolore “lombare” durante questi test provocativi. In questo caso difficilmente ci si trova di fronte ad un’ernia discale prevalente bensì ad una lombalgia di altro tipo.
Anche il sollevamento dell’arto controlaterale può provocare un’accentuazione del dolore ischialgico, sebbene questo avvenga per gradi maggiori di sollevamento dell’arto.
 RADICI L2-L3-L4
Test di Wasserman
Il paziente giace prono. L’operatore flette il ginocchio del paziente fino a provocare una comparsa o accentuazione della cruralgia. Questo test viene accentuato dall’estensione contemporanea dell’anca.
 VALUTAZIONE NEUROLOGICA
Stabilita l’origine e la localizzazione del dolore, in base ai test provocativi, si passa ad una valutazione accurata del quadro neurologico.
Deficit motori
Seguendo i criteri della distribuzione radicolare dei muscoli degli arti inferiori deve essere valutata la forza dei singoli muscoli (vedi tabella 2). Dapprima si chiede al paziente di eseguire un determinato movimento (ad es. la flessione dorsale della caviglia), quindi di eseguire lo stesso movimento contro resistenza.
La sensibilità cutanea (superficiale) può essere valutata nelle sue componenti tattile, dolorifica e termica nei vari distretti dermatomerici. La sensibilità profonda viene valutata con l’aiuto di un diapason che produce vibrazioni percettibili dal paziente in assenza di compressione radicolare. Di particolare importanza la valutazione della sensibilità cutanea della zona perianale in quei pazienti con possibile sindrome della cauda.
Riflessi Osteotendinei (ROT)
Il reperto di una compressione radicolare è una riduzione (relativa al riflesso dell’arto controlaterale) o l’assenza del riflesso osteotendineo attraverso la radice compressa(vedi Tab.3). In realtà la ricerca e la valutazione dei riflessi osteotendinei non sempre fornisce i risultati aspettati. La difficoltà di evocare un riflesso può essere dovuta a molteplici cause: uno stato di ipoeccitabilità costituzionale del paziente, lo stato attuale del paziente (dolore, difficoltà al rilassamento), altre patologie precedenti.
RIFLESSI OSTEOTENDINEI (ROT)
L4(L3)
ROTULEO
Percussione del tendine rotuleo
S1(S2)
ACHILLEO
Percussione del tendine achilleo
S1(S2)
MEDIOPLANTARE
Percussione del centro della pianta del piede
Tabella 3. Riflessi osteotendinei dell’arto inferiore clinicamente significativi.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE
La causa principale di lombosciatalgia (lombocruralgia) è sicuramente l’ernia del disco lombare. Tuttavia esistono varie patologie (vedi Tabella 4) che mimano i segni e i sintomi dell’ernia del disco lombare. Inoltre un’ernia del disco può instaurarsi su un quadro patologico lombare preesistente che ne complica il decorso, il trattamento e la prognosi.
In questi casi l’anamnesi, l’esame obiettivo e uno studio diagnostico-strumentale accurato permettono normalmente una diagnosi.
Le patologie che entrano in diagnosi differenziale con l’ernia del disco possono essere di origine rachidea congenita, degenerativa, traumatica, neoplastica, vascolare, infettiva o neurologica (non neoplastica). Entrano in diagnosi differenziale anche patologie localizzate al di fuori del rachide lombare.
Tra le patologie congenite o di sviluppo del rachide che possono presentarsi con i segni simili all’ernia discale si deve ricordare la spondilolistesi istmica (scivolamento della parte anteriore di una vertebra per mancata fusione degli elementi posteriori con quelli anteriori). 
La spondiloartrosi può portare ad un restringimento (stenosi) dello spazio a disposizione delle strutture nervose con conseguente compressione radicolare.
Alcune fratture del rachide lombare possono dare origine a lomboischialgia (lombocruralgia) acuta post-traumatica. Quando sono presenti sintomi di compressione radicolare l’indicazione terapeutica è l’intervento chirurgico di riduzione della frattura e sintesi strumentata (barre e viti).
L’ernia del disco traumatica è un’evenienza rara ma possibile e spesso legata ad altre lesioni legamentose del rachide.
Varie patologie neoplastiche possono colpire il rachide lombare. Possono prendere origine dal tessuto nervoso (neurinomi, meningiomi, ependimomi, etc.), dal tessuto perinervosi(lipomi, etc.), dall’osso (emangioma, osteoma osteotide, osteoblastoma, mieloma, osteosarcoma, etc.) o a distanza (tumori metastatici).
Sono stati descritti anche ematomi epidurali come causa di sindromi compressive acute o croniche. La compressione delle strutture nervose da parte di varicosità del plesso di Batson (fitta rete di vene che tappezza internamente il canale vertebrale) è un’evenienza non universalmente accettata. Di certo la presenza di una ipertrofia di questo plesso venoso è un reperto non di rado presente durante gli interventi di discectomia.
Un’infezione discale (discite) o del corpo vertebrale(spondilite) può evolvere in un ascesso dello spazio epidurale tale da comprimere le strutture nervose.
Varie patologie del sistema nervoso periferico e centrale possono esordire con segni mono- o pluri-radicolari (Herpes Zoster, neuropatia diabetica, SLA, sindrome di Guillan-Barré, neuropatia alcolica, sclerosi multipla, etc.). Nei casi dubbi è molto utile il coinvolgimento del neurologo che spesso, nella nostra esperienza, ha avuto un ruolo fondamentale.
Alcune patologie addominali possono causare una compressione o un’irritazione del plesso lombare (che attraversa il muscolo psoas) o del plesso sacrale (aneurismi dell’aorta addominale, masse neoplastiche, ascessi tubercolari, endometriosi, etc.).
Molte patologie osteo-articolari dell’arto inferiore possono entrare in diagnosi differenziale con quadri ischialgici o cruralgici.
L’artrosi dell’anca, ad esempio, mima una cruralgia. Il dolore coxalgico infatti, parte dall’inguine per terminare sulla faccia anteromediale del ginocchio. Un semplice test di intra-extrarotazione dell’anca spesso dissolve i dubbi.
Una borsite del trocantere (parte laterale delfemore) associata o meno a retrazione della fascia lata e degenerazione dei tendini dei glutei (Sindrome Trocanterica) può mimare in gran parte una sciatica, tra l'altro refrattaria a molte terapie. La diagnosi differenziale, in questo caso, si attua palpando il trocantere e con test specifici provocativi. Una RM del bacino di solito permette una diagnosi agevole. Da ricordare che un dolore della zona trocanterica può essere dovuto anche ad altre patologie come necrosi della testa del femore, artrosi dell'anca, neoplasie locali etc.
Una rara causa di puro dolore ischialgico che rientra nelle sindromi canalicolari (compressione di un nervo al passaggio attraverso una determinata struttura anatomica, es. sindrome del tunnel carpale del polso) dell’arto inferiore è la sindrome del piriforme. Il piriforme è un muscolo che attraversa l’incisura ischiatica da cui emerge dal bacino anche  il nervo sciatico. La diagnosi di questa patologia è molto difficile e la clinica molto aspecifica.
L’ernia del disco può instaurarsi su una precedente patologia rachidea degenerativa. L’importanza di riconoscere una patologia rachidea associata è fondamentale al fine di compiere un trattamento adeguato. Inoltre, la presenza di patologie associate confonde spesso gli esami diagnostici. Classico è il confondere alla TAC una discopatia (segno ipotetico di instabilità vertebrale) con un’ernia mediana. Intervenire chirurgicamente eseguendo una discectomia su una degenerazione discale pura (discopatia) potrebbe non migliorare il quadro clinico.
Infine non si può non ricordare l’importanza della psiche sul dolore di origine lombare. Molti centri di chirurgia della colonna attuano dei test psicologici al fine di evidenziare patologie psichiatriche tra cui, più spesso, la depressione. In realtà mentre un dolore lombare cronico può presentare componenti psichiche importanti sia nella genesi che nel proseguo della sintomatologia è meno probabile che un dolore acuto lombare o lomboradicolare ne risenta. Davanti a deficit radicolari specifici e comprovati dagli esami strumentali questa evenienza risulta remota (isteria). Un esame clinico ben eseguito elimina gran parte di questi dubbi.   

 DIAGNOSI DIFFERENZIALE DELL’ERNIA DEL DISCO 

PATOLOGIE RACHIDEE
Congenite-Sviluppo
Spondilolistesi

Degenerative
Spondiloartrosi, stenosi lombare
Traumatiche
Fratture lombari, ernia discale traumatica, etc.
Neoplastiche
Metastasi, emangioma, osteoma osteoide, osteoblastoma, mieloma, osteosarcoma, lipomi etc.
Infettive
Discite, spondilite.
Vascolari
Ipertrofia del plesso di Batson (?)
PATOLOGIE DEL SISTEMA NERVOSO
Non neoplastiche
Neuropatia diabetica, neuropatia alcolica, Herpes Zoster, SLA, Sindrome di Guillan-Barrè, sclerosi multipla, etc.
Neoplastiche
Neurinomi, meningiomi, ependimomi, etc.
PATOLOGIE NON RACHIDEE
Addominali
Aneurismi dell’aorta addominale, masse neoplastiche addominali, ascessi tubercolari, endometriosi, etc.
Altre
Artrosi dell’anca, borsite e sindrome trocanterica, sindrome del piriforme etc.
Tabella 4. Diagnosi differenziale dell’ernia del disco lombare.

ESAMI DIAGNOSTICI
I pazienti con lombalgia acuta o lomboischialgia (meno lombocruralgia) acuta affollano gli ambulatori dei medici di base e degli ortopedici. Studi epidemiologici hanno dimostrato che più dell’80% della popolazione adulta ha sofferto di lombalgia acuta almeno una volta. La percentuale dei pazienti affetti da lomboischialgia è sicuramente minore ma sempre cospicua.
Nel caso di un’ernia del disco lombare sintomatica il quadro clinico che ci si aspetta è una lomboischialgia o una lombocruralgia. Una lombalgia pura nel tempo, senza interessamento radicolare, ha un iter diagnostico diverso.
In primis il paziente deve essere scrupolosamente interrogato e visitato anche quando il quadro clinico è eclatante escludendo, se possibile, le patologie non a carico del rachide lombosacrale. Questo passaggio è fondamentale al fine di non perdere di vista patologie rare, ma clinicamente gravi, che richiedono un trattamento ed una diagnosi tempestiva.
Deve essere per prima cosa valutata la necessità o meno di eseguire esami strumentali. Quadri clinici sfumati in pazienti non anziani altresì sani richiedono a nostro avviso una terapia conservativa da iniziarsi prima di qualsiasi richiesta di esame strumentale.
L’ esame iniziale da cui non si può prescindere è una radiografia del rachide lombosacrale nelle proiezioni standard (anteroposteriore e laterale) a cui può far seguito uno studio funzionale o dinamica (flessione e estensione del rachide) in proiezione laterale. Ovviamente le radiografie in proiezione dinamica non devono essere eseguite in presenza di una contrattura lombare, spesso presente nella fase acuta di presentazione clinica. Com’è noto una radiografia del rachide lombosacrale non è in grado di evidenziare un’ernia del disco ma permette di valutare il rachide lombare nel suo insieme, di escludere patologie osteolegamentose di altra natura e, non ultimo, di indirizzare all’esame di secondo livello (TAC, RMN etc.) più appropriato. 
L’esame principale da eseguire nel sospetto di un’ernia del disco(sindrome lomboradicolare, non deficit o deficit mono o biradicolare) è oggi, la Risonanza magnetica. La risonanza magnetica nucleare (RMN) ha il grande vantaggio di poter fare una valutazione qualitativa delle strutture rachidee, disco compreso e di poter visualizzare ampi tratti di rachide contemporaneamente. Inoltre non crea radiazioni ed è quindi oggi preferibile.
La  tomografia assiale computerizzata (TAC) del rachide lombosacrale è oggi meno utilizzato sebbene sia un esame sensibile e specifico a disposizione del clinico nella valutazione di un’ernia discale. Un’importante considerazione riguarda il livello da esaminare con la TAC. Spesso vengono esaminati di routine solo gli spazi da L3 a S1. Sebbene uno studio così condotto comprenda la maggior parte delle ernie discali lombari, non bisogna dimenticarsi di specificare il livello da esaminare nel caso di lombocruralgie o situazioni cliniche particolari.
IVari altri esami strumentali vengono utilizzati per la diagnosi differenziale con altre patologie (scintigrafia ossea, doppler arti inferiori o addominale, esami ematochimici, TAC addome, etc.).

IL “PROBLEMA” DELL’ERNIA DISCALE
L’ernia, come è stato detto, è una dislocazione del nucleo polposo dalla sua sede. La definizione è ovvia in quanto ricorda la comune erniazione di un viscere. Tuttavia un paziente con un disco erniato ha un futuro diverso dal paziente con un’ernia inguinale. La differenza sta nel fatto che mentre nelle ernie viscerali il trattamento consiste nel riposizionamento del viscere erniato, nel caso dell’ernia discale il frammento erniato viene asportato e il paziente per definizione non potrà godere di una resitutio ad integrum indipendentemente dal trattamento impiegato. Infatti non esiste terapia conservativa o cruenta in grado di riposizionare il nucleo polposo restituendogli allo stesso tempo le caratteristiche originarie anche se sono allo studio metodiche differenti proprio in questa direzione.
In caso di terapia conservativa andata a buon fine il nucleo erniato andrà incontro a un processo di disidratazione, e talvolta, di “digestione” che ne ridurrà il volume permettendo la convivenza fra disco e radici. 
In caso di asportazione chirurgica la decompressione sulle radici nervose avviene in tempo reale.
In nessun caso il nucleo polposo originale (erniato) viene riposizionato. Quindi mentre nel caso di un’ernia inguinale la chirurgia è ricostruttiva, nell’ernia del disco la chirurgia è sempre demolitiva. Sono possibili protesi di disco atte a sostituire direttamente il disco erniato d'amblé ma i risultati sono ancora incerti. In taluni casi si preferisce bloccare il livello erniato perché troppo degenerato e instabile.

 
TERAPIA CONSERVATIVA DELL’ERNIA DEL DISCO
L’ernia del disco lombare è una patologia ad alta percentuale di risoluzione spontanea.
Il primo approccio terapeutico ad un’ernia del disco del rachide lombare è conservativo. Fanno eccezione la sindrome della cauda e ernie molto voluminose con importanti deficit radicolari.
La scelta del trattamento conservativo varia in base all’entità e alla durata del quadro clinico. Il trattamento conservativo comprende il riposo, l’utilizzo di un tutore (busto), la terapia farmacologia in fase acuta, il nuoto, gli esercizi fisici, la terapia manuale e la terapia con agenti fisici nel proseguo. A parte vanno descritte l’agopuntura e le terapie infiltrative.
EPISODIO ACUTO
Di fronte ad un quadro acuto il riposo a letto è spesso la prima terapia che il paziente stesso intraprende. Il rachide lombare risulta in scarico con riduzione della pressione intradiscale e sollievo dal dolore.
Il tutore da noi utilizzato è un corsetto (busto) semirigido lombosacrale. Spesso l’utilizzo del solo busto porta ad una notevole riduzione del dolore, soprattutto della componente muscolare lombare.
I farmaci da noi più utilizzati sono principalmente di 5 categorie: analgesici (togliere il dolorew), FANS (antiinfiammatori non steroidei, tra cui ultimamente i cox-2 inibitori), derivati steroidei (cortisone), neuromodulatori (es. il Lyrica) e integratori vitaminici (ad esmpio Vit. B etc.). Non utilizziamo, di norma, miorilassanti o analgesici narcotici.
In assenza di deficit neurologici con dolore moderato consigliamo il riposo per 2-3 giorni, un busto semirigido lombosacrale, un FANS per 10-15 giorni e un integratore vitaminico per 60 giorni.
In assenza di deficit, ma con dolore severo, aggiungiamo un analgesico non narcotico e talvolta un neuromodulatore .
In presenza di deficit  neurologici monoradicolari di media entità e/o di dolore molto importante refrattario ad altri farmaci (FANS, analgesici) ein pazienti impossibilitati  a eseguire terapie epidurali consigliamo una terapia con metilprednisolone 4 mg in compresse con schema come da tabella 5. A questa terapia associamo sempre un farmaco gastroprotettivo.
 ESEMPIO DI TERAPIA STEROIDEA PER ERNIA DISCALE
METILPREDNISOLONE compresse da 4 mg (per os) 

1 compressa 4 volte al giorno per 1 giorno(ogni 4 ore)
1 compressa 3 volte al giorno per 3 giorni(ogni 8ore)
1 compressa 2 volte al giorno per 3 giorni(ogni 12 ore)
1 compressa 1 volte al giorno per 2 giorni
Tabella 5. Schema di trattamento con steroide utilizzato dagli autori nel trattamento acuto dell’ernia discale, quando necessario.
 In presenza di un deficit importante viene richiesta con sollecitudine una radiografia del rachide lombosacrale ed uno studio RM.
 FASE SUB-ACUTA (2 settimane-2 mesi)
Il dolore tende ad aumentare nei primi giorni dall’episodio acuto per poi regredire lentamente. Il deficit neurologico può migliorare dopo la fase acuta o cronicizzarsi o addirittura peggiorare (raro). E’ questa la fase in cui si deve prendere una decisione sull’eventuale intervento chirurgico. Almeno la metà dei pazienti affetti da ernia del disco ha una riduzione del dolore, se non la scomparsa, a due mesi dall’esordio.
Peggiore è il quadro clinico iniziale (dolore, deficit, volume dell’ernia) minore è la probabilità che il trattamento conservativo abbia un risultato soddisfacente.
In questo periodo vengono spesso consigliate le terapie manuali (massaggi, chiropratica, osteopatia, etc.) e le terapie con agenti fisici (TECAR, ionoforesi, TENS, radarterapia, magnetoterapia, ultrasuoni, etc.). L’efficacia di questi ultimi trattamenti nella terapia dell’ernia del disco risulta dubbia da un punto di vista scientifico.
La massoterapia, gli esercizi fisici di ginnastica posturale e il nuoto hanno sicuramente un ruolo nelle fasi sub-acute del dolore lomboradicolare in remissione.
 AGOPUNTURA
L’agopuntura è una metodica sempre più utilizzata nel trattamento dell’ernia del disco. I risultati sono difficilmente analizzabili per mancanza di studi clinici attendibili. Sono stati riferiti risultati soddisfacenti sul controllo del dolore.   
 TERAPIA INFILTRATIVA
Di tutte le terapie infiltrative note (mesoterapia, infiltrazioni paraspinali di steroide, infiltrazioni paraspinali o intradiscali di ossigeno-ozono, infiltrazioni epidurali di steroide, etc.) le infiltrazioni epidurali sono quelle a mio avviso con risultati più controllabili a minor rischio.
EPIDUSCOPIA
Negli ultimi anni, da parte dei terapisti del dolore, è stata migliorata e ampliata la tecnica epiduscopica. Si tratta dei introdurre attraverso lo iato sacrale una microtelecamera a fibroscopia che può essere portata a livello dell'ernia. A questo punto oltre ad una lisi del tessuto infiammatorio può essere introdotto un farmaco steroideo. Questa tecnica ha come indicazione principe le recidive erniarie post chirurgiche ma nulla vieta il suo utilizzo in casi selezionati di ernia discale acuta.

INDICAZIONI CHIRURGICHE
La decisione di asportare chirurgicamente un’ernia del disco che comprime una radice nervosa ha lo scopo di risolvere in modo acuto la sintomatologia del paziente.
Le indicazioni all’intervento di erniectomia possono essere assolute(necessarietà dell’intervento) o relative.
Indicazione assoluta, a nostro parere, è la presenza di un deficit neurologico a carico di più radici (es. sindrome della cauda in caso di grosse ernie migrate) o carico di una sola radice (es. deficit completo della stenia degli estensori del piede).
In tali casi la decompressione eseguita il più precocemente possibile porta ad una risoluzione almeno parziale del deficit neurologico in una buona percentuale di pazienti.
Fra le indicazioni relative il quadro algico o la presenza di patologie associate.
Il dolore dell’ernia del disco è spesso mal sopportato da paziente. Se il dolore risponde poco alla terapia di supporto (antinfiammatori, analgesici, etc.) è il paziente stesso che richiede l’intervento. In questo caso l’indicazione chirurgica viene discussa con chiarezza, illustrando al paziente il rapporto rischi-beneficio dell’intervento.
Paradossalmente un paziente con un deficit neurologico severo e duraturo ma in assenza di un quadro algico importante, può non accettare la necessità di un intervento.
Un capitolo a parte è rappresentato dai pazienti portatori di malattie sistemiche (es. diabete, ulcera gastroduodenale) in cui una terapia medica efficace avrebbe effetti negativi sulla patologia di base. In questi casi la migliore soluzione è la terapia chirurgica.
Il trattamento dell'ernia deve essere comunque valutato singolarmente a causa delle diverse presentazioni cliniche e delle diverse tipologie di pazienti colpiti da questa fastidiosa patologia.


ESEMPIO DI SCHEMA DI TRATTAMENTO DELL’ERNIA DEL DISCO LOMBARE SINTOMATICA

EPISODIO ACUTO
Non deficit Neurologici.
Dolore lieve-moderato.
Non deficit Neurologici.
Dolore severo.
Deficit monoradicolare (3/5-4/5) o dolore refrattario a FANS e analgesici
Deficit monoradicolari (0/5-2/5), pluriradicolari, sindrome della cauda
Riposo, busto semirigido lombare, FANS, terapia integrativa.
Riposo, busto semirigido lombare, FANS, analgesici, neuromodulatori, terapia integrativa
Busto semirigido lombare, steroide (vedi tabella 5), gastroprotettivo.
Infiltrazioni epidurali. (epiduroscopia)

Intervento chirurgico
FASE SUB-ACUTA
Infiltrazioni epidurali. Nuoto. Ginnastica posturale.
Terapie manuali.  Terapie con agenti fisici.
Agopuntura.
Infiltrazioni epidurali. (epiduroscopia)
Intervento chirurgico.
Intervento chirurgico.
Intervento chirurgico
Tabella 6. Schema riassuntivo esemplicativo di trattamento dell’ernia discale lombare sintomatica. Nel valutare l’indicazione chirurgica devono essere prese in considerazioni anche altre variabili, quali eventuali patologie associate, richieste funzionali del paziente e sua sopportazione del dolore.

CHEMIONUCLEOLISI E DISCECTOMIA PERCUTANEA
Si tratta di metodiche molto utilizzate nel recente passato. La chemionucleolisi consiste nell’iniettare enzimi litici all’interno del disco erniato. La discectomia percutanea consiste nell’asportazione del nucleo polposo attraverso strumentari dedicati senza poter visualizzare il conflitto ernia-radice.
Sono metodiche non prive di rischi con possibili importanti complicazioni e la chimopapaina è oggi vietata per gravi complicazioni avvenute in passato.
Le strutture nervose non vengono quindi visualizzate e il risultato dell’intervento è affidato principalmente alla decompressione del disco da cui è scaturita l’ernia. In nessun modo, a nostro avviso, possono avere un qualche ruolo nelle ernie espulse che rappresentano la stragrande maggioranza delle ernie con indicazione alla chirurgia.    
DECOMPRESSIONE PERCUTANEA DISCALE MEDIANTE LASER
Si tratta di metodiche presenti da anni nel panorama ortopedico e neurochirurgico mondiale con successo altalenante. Il razionale consiste nel ridurre il volume dell'ernia attraverso un contatto diretto del laser con l'ernia stessa. Personalmente non ho una esperienza diretta con queste procedure ma non ho neanche un pregiudizio tale da definirle negativamente. Di certo mancato seri studi di controllo controllati e randomizzati che permettano di comparare queste metodiche con quelle chirurgiche o conservative.
 

TRATTAMENTO CHIRURGICO
L’intervento di asportazione di un’ernia discale è oggi un intervento abbastanza sicuro e con bassa percentuale di complicanze. Questo non vuol dire che non vi siano possibili complicazioni, anche gravi.
L’intervento consiste nell’asportazione del tessuto erniato che comprime la radice nervosa o il sacco durale.
Sino a pochi anni fa si riteneva fosse necessaria un’ampia demolizione del tessuto osseo vertebrale al fine di meglio visualizzare le radici nervose compresse (rimozione totale di una emilamina e delle zigoapofisi, emilaminoartrectomia).
Attualmente l’intervento è possibile con una minima asportazione delle strutture osteolegamentose tale da preservare la stabilità del rachide lombare e minimizzare i rischi di una lombalgia futura. In particolare deve essere risparmiata l’articolazione zigoapofisaria.
La piccola incisione cutanea viene effettuata posteriormente sul piano mediano (linea delimitata dai processi spinosi) a livello dello spazio intervertebrale interessato dall’ernia (viene spesso utilizzato un amplificatore di brillanza). Una volta raggiunto il piano rachideo si asporta una minima quantità di tessuti dell’arco posteriore (legamento giallo e piccoli frammenti di lamina superiore)  visualizzando in questo modo il sacco durale. Cautamente viene mobilizzato il sacco durale al fine di evidenziare il conflitto ernia-radice nervosa. Viene quindi inciso il legamento longitudinale posteriore (nel caso di ernie sottolegamentose) ed asportata l’ernia.
Dopo l’asportazione dell’ernia (erniectomia), è buona regola, procedere allo svuotamento del nucleo polposo residuo, al fine di evitare precoci recidive. Questo è argomento di dibattito tra chi ritiene che si debba rimuovere solo il frammento erniato e che, nel tentativo di ridurre la percentuale di recidive, vuole rimuovere il rimanente nucleo.
Vengono quindi applicati pochi punti di sutura dei piani muscolari dissecati durante l’accesso. Il paziente libero da dolore riprende la stazione eretta poche ore dopo l’intervento.
L’intervento è teoricamente molto semplice. In pratica può riservare sorprese in quanto il solo accesso chirurgico può mutare aspetto a seconda di fisiologici processi degenerativi (es. spondiloartrosi) che stravolgono i reperi anatomici. Un’altra problematica chirurgica è legata alla sede dell’ernia: un’ernia contenuta o espulsa non migrata è in prossimità del disco e quindi facilmente reperibile durante l’atto chirurgico. Di fronte ad un’ernia migrata la situazione cambia drasticamente e solo un attento planning pre-operatorio su esami diagnostici strumentali “recenti” permette un approccio miniinvasivo ed un buon risultato clinico.
Le ernie extraforaminali meritano un discorso a parte. Queste ernie necessitano un approccio chirurgico completamente diverso proprio a causa della loro sede. Si tratta di un tipo di ernia conosciuto solo da alcuni anni, responsabile di quadri clinici particolarmente invalidanti da un punto di vista motorio, con deficit muscolari marcati e un quadro algico severo e non responsivo alle terapie.

LA TECNICA MIGLIORE
Oggigiorno il paziente ed il medico non ultraspecialista sono bombardati da campagne condotte dai media sempre alla ricerca di terapie chirurgiche miracolistiche dell’ernia del disco lombare. Riteniamo doveroso quindi fare chiarezza.
Oggi esistono tre metodi per asportare chirurgicamente un’ernia del disco lombare:
·        Discectomia
·        Microdiscectomia
·        Discectomia video assistita
La discectomia, come già detto, è oggigiorno un intervento estremamente risparmioso delle strutture nobili del rachide lombare.
La microdiscectomia è essenzialmente lo stesso intervento condotto con l’utilizzo del microscopio. Il microscopio chirurgico offre tre vantaggi: una migliore luce a livello del campo chirurgico, la possibilità di un aiuto attivo da parte del chirurgo assistente e una visione ingrandita del campo chirurgico. Tutto ciò riduce l’estensione della cicatrice chirurgica.
Le tecniche video assistite riducono ulteriormente l’incisione cutanea grazie a delle sonde cannulate all’interno delle quali agiscono degli strumenti dedicati.
Tutto sembrerebbe a favore di quest’ultima metodica. In realtà ciò che conta realmente , a nostro avviso, è ridurre al minimo l’asportazione di strutture anatomiche importanti nel tentativo di visualizzare e asportare l’ernia. Il risparmio di queste strutture non dipende tanto dalla tecnica impiegata quanto dalla sede dell’ernia e dalla perizia dell’operatore.
Se l’ernia è adiacente al disco la sua rimozione comporterà una minima asportazione di strutture osteolegamentose. Nel caso l’ernia sia migrata lontana dal disco è inevitabile un maggior sacrificio di queste strutture. Utilizzando il microscopio è possibile asportare il tessuto osseo senza aumentare l’incisione di cute e muscoli sacrificando però allo stesso modo le strutture osteolegamentose. Analogo discorso per la discectomia videoassistita.
In sintesi è l’esperienza e la perizia dell’operatore a fare la differenza più che una delle tecniche descritte. Lo stesso operatore potrà di volta in volta scegliere la tecnica che meglio si addice al paziente in questione.
 COMPLICAZIONI DELLA DISCECTOMIA
Le recidive avvengono in circa il 3%-8% dei pazienti. Le complicanze dell’intervento di erniectomia possono essere considerate come acute e croniche. In realtà si tratta di un intervento che, in mani esperte, ha una piccola percentuale di complicazioni.
Tra le complicazioni acute sono da ricordare:
  • Persistenza del dolore sciatalgico o cruralgico
  • Discite (infezione localizzata a livello del disco intervertebrale)
  • Deficit neurologici aggiuntivi.
  • Ematoma post-chirurgico.
  • Lesione dei grossi vasi anteriori (la più rara ma la più temibile)
Tra le complicazioni croniche sono da ricordare:
  •  La sindrome post-erniectomia è sicuramente la più frequente (failed bask sindrome). Si tratta di una lombalgia cronica che compare di solito dopo mesi o anni dall’intervento o dall’esordio della sintomatologia. La maggior parte delle lombalgie post-ernia (post-erniectomia) sono riconducibili a fenomeni degenerativi di cui l’ernia ha rappresentato semplicemente l’inizio e alla comparsa di una reazione cicatriziale  perinervosa associata però a una ulteriore degenerazione discale o a recidiva dell'ernia.

IL FUTURO DEL PAZIENTE CON ERNIA DEL DISCO
I deficit provocati da un ernia del disco possono non recuperare anche dopo l'asportazione dell'ernia.
Come è stato detto per "failed back sindrome" si intende una sindrome lombare o lomboischialgica cronica in un paziente precedentemente operato di ernia discale. In un paziente con ernia discale trattata conservativamente e sindrome clinica molto simile viene utilizzato il comunissimo termine "discopatia". Il termine discopatia viene utilizzato, in generale, per definire una patologia degenerativa del disco caratterizzata radiograficamente da abbassamento dello spazio discale e da segni di instabilità in pazienti affetti da lombalgia. In realtà la probabilità che un paziente con anamnesi positiva per ernia discale sviluppi una sindrome lombalgica prescinde dal trattamento eseguito, chirurgico o conservativo. L'eziopatogenesi della lombalgia risiederebbe quindi nella definitiva degenerazione del disco con conseguente perdita delle sue caratteristiche biomeccaniche . Nella maggioranza dei pazienti questa situazione è ben tollerata e si giova del solo trattamento conservativo. Tuttavia in alcuni casi (10%-20% dei pazienti) la lombalgia può divenire invalidante dal punto di vista fisico e psichico e non rispondere alla terapia conservativa.
La discopatia "invalidante" è oggi in gran parte risolvibile dalla chirurgia. Si tratta di interventi chirurgici, molto diversi dalla discectomia, che hanno lo scopo di "bypassare" il disco sintomatico (e quindi il segmento di moto) : l'artrodesi (blocco del disco), la protesi di disco intervertebrale e la stabilizzazione dinamica. Questi interventi hanno rara indicazione nell'ernia discale "pura".

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